Negli articoli precedenti abbiamo parlato di come fare un buon Punch ( e relativo oleo…
MARTINEZ
Il Martinez ci permette di entrare in contatto con due argomenti che non avevamo ancora trattato su questa piattaforma: il Jenever e la rivoluzione nel mondo della miscelazione definita da David Wondrich, nel suo libro Imbibe, “Enter Vermouth”.
Il Jenever è considerato il progenitore del moderno Gin. E’ un distillato di origine olandese che nasconde le proprie radici all’interno del mondo rurale: in passato la sua produzione era esclusiva dei mesi invernali dell’anno, quando, a causa della neve che imbiancava i campi e lasciava i contadini senza lavoro, quest’ultimi si trasformavano in distillatori. Solo a partire dal 1664, anno di fondazione della Bols, il distillato comincerà a essere prodotto con un metodo più “industriale”. Da quegli anni in poi il Jenever vedrà una sempre maggiore espansione produttiva e commerciale, tanto da diventare l’acquavite più consumata in Inghilterra e nelle sue colonie, dal sue est asiatico alle Americhe, dove sarà conosciuto col nome di Holland Gin .
A differenza del Gin che utilizza alcool neutro, di origine cerealicola, prodotto con colonna continua, il Jenever vede la produzione del Moutwijn (quella che potremmo definire la sua anima, che dona al distillato finale un gusto più simile al whisky) a partire dall’uso di tre cereali diversi (mais, segale ed orzo) ed almeno due passaggi in alambicco discontinuo. Fra questi due ultimi passaggi vengono messe in infusione le spezie, di solito quasi esclusivamente composte da ginepro, anice e radice di liquirizia.
In commercio potete trovare diverse categorie di Jenever, suddivise in base alla percentuale di Moutwijn contenuto nei blend: Jonge Jenever (minimo 4% di Moutwijn), Oude Jenever (minimo 15% ed invecchiato da 1 a 5 anni) e il Korenwijn (minimo 51% ed invecchiato da 1 a 15 anni).
Per quanto riguarda la rivoluzione “Enter Vermouth”, Wondrich nel suo libro ci mostra come l’arrivo del Vermouth all’interno della miscelazione americana della seconda metà dell’Ottocento abbia stravolto il concetto di bere. Fino al 1880 circa tutta la categoria Cocktail condivideva una filosofia di fondo: diversamente dai punch, che erano composti da una sinfonia di sapori senza che uno dominasse sull’altro, i Cocktail erano costruiti per donare risalto al distillato o liquore di partenza (pensiamo all’Old Fashioned) e gli altri ingredienti presenti nelle ricette erano misurati in dash o teaspoon. Quando la nuova società urbana americana si ritrovò in cerca di qualcosa di più leggero, moderno e complesso rispetto ad una dose di bittered booze ecco che il Vermouth si trovò al posto giusto nel momento giusto e cominciò ad essere utilizzato nella miscelazione, da solo o come “spalla” per il suo profilo aromatico e la sua gradazione alcolica decisamente inferiore a quella di un distillato. Il primo drink a trainare questa tendenza fu il Manhattan (di cui parleremo in un altro post), ma fra i suoi epigoni più riusciti troviamo il Martinez.
Ricetta:
- 2 dash Orange Bitters
- 1 tsp (5 ml) Maraschino
- 1 oz Jenever
- 2 oz Italian Vermouth
Tecnica di miscelazione: Stir and Strain
Se siete amanti del Gin , vi invitiamo a scoprire altri cocktail che possono “sostituire” il classico Gin Tonic nelle vostre bevute serali ed a immergervi nelle lettura del Bee’s Knees e del Ramos Gin Fizz.
Credit : Andrea Dolcini