Negli articoli precedenti abbiamo parlato di come fare un buon Punch ( e relativo oleo…
I QUADERNI DEL RUM: IL PROIBIZIONISMO – ZOMBIE PARTE 1
Martedì 5 dicembre 1933 alle ore 17:27 il Congresso degli Stati Uniti d’America votò l’abrogazione del Volstead Act, il testo legislativo entrato in vigore nel 1919 che stabiliva il divieto di fabbricazione, possesso ed importazione dei prodotti alcolici, proibendone anche la vendita ed il consumo nei bar di tutto il paese. Era la fine del “Noble Experiment”, il periodo passato alla storia con il nome di Proibizionismo e nato su forte pressione delle cosiddette Società della Sobrietà, gruppi religiosi e politici caratterizzati da forte moralismo e fondamentalismo rispetto alle posizioni sostenute. Fu lo stesso Franklin Delano Roosvelt a far rientrare nella sua campagna politica per la corsa alla Casa Bianca del 1932 la proposta di cancellazione del Volstead Act, inserenrendolo all’interno delle politiche volte al New Deal, un piano di riforme economiche e sociali allo scopo di risollevare il Paese dalla Grande Depressione del ’29 (furono circa un milione i posti di lavoro che si vennero a creare collegati all’industria degli alcolici) e, vuole la leggenda, il primo a festeggiare la fine degli “anni asciutti” facendosi servire un Martini Cocktail fra le pareti dello Studio Ovale.
Ma gli anni del Proibizionismo in America coincidono con quelli di una rivoluzione culturale ed economica senza precedenti su scala mondiale: quello dei Roaring Twenties (i “ruggenti” anni ’20). La volontà di lasciarsi alle spalle gli orrori della prima guerra mondiale e dei difficili anni della ricostruzione in Europa fa da motore al bisogno di rottura col passato e con la tradizione per volgere lo sguardo al futuro e alla modernità. Lo sviluppo industriale degli Stati Uniti, che si baserà sulla transizione ad una economia di pace con la fine delle ostilità internazionali, portò alla produzione di una vasta gamma di nuovi beni di consumo e conseguentemente di modelli sociali di riferimento, andando a consolidare la posizione degli Usa di paese più ricco del mondo e aprendo la strada al nuovo fenomeno del consumismo.
Sono gli anni dell’esplosione della musica Jazz, del Charleston e dello Swing e dei loro balli sfrenati e sincopati, quasi a voler rimarcare una sorta di liberazione dagli schemi precedenti in nome di una nuova spontaneità. Delle nuove tecnologie come l’automobile, la radio, il cinema (il primo film sonoro della storia fu Il cantante di Jazz del 1927, seguito l’anno successivo dal primo cortometraggio di Walt Disney con protagonista Topolino, Steamboat Willie), il grammofono. Della prima vera emancipazione femminile della storia: sono gli anni delle flapper (caratterizzate dal pesante trucco sul viso, prima ad appannaggio esclusivo di prostitute e attrici, dal consumo di alcolici e sigarette in pubblico, dalla loro sessualità disinvolta e libera) e delle garçonne (le giovani ragazze con uno stile di moda androgino, dal taglio dei capelli all’abbigliamento, indipendenti e anticonformiste, che trovano in Louise Brooks il canone a cui ispirarsi). Dell’inversione del flusso dei modelli culturali, che ora vanno dall’America all’Europa, e che diffonde la gioventù come schema sociale da imitare. Dell’abbandono delle forme sinuose e morbide create dal legno dell’art Nouveau per quelle più geometriche, a zig zag o a scacchi, dell’art Decò e dell’utilizzo di materiali come l’alluminio, l’acciaio inossidabile e la lacca, che in unione con la luce delle lampade elettriche doneranno a quegli anni un’atmosfera scintillante.
Ma non è tutto oro ciò che luccica. Se la società è in trasformazione, gli anni del Proibizionismo permettono ad alcuni criminali e alle loro organizzazioni di consolidarsi, passando da una dimensione locale e cittadina al controllo su scala nazionale di alcuni dei traffici più prolifici del periodo: alcol e armi. Al Capone e Lucky Luciano crearono imperi da milioni di dollari e la leggenda del gangsterismo americano sui profitti derivanti principalmente dal contrabbando di distillati: spesso di importazione (come il rum proveniente dalle vicine isole caraibiche e trasportati dai rum runner), questi ultimi venivano poi adulterati, per aumentarne le quantità in possesso della malavita, con alcol industriale denaturato (contenente sostanze tossiche per l’uomo) e venduto agli speakeasy, locali a cui si accedeva tramite parola d’ordine e unici luoghi in città dove poter consumare drink segretamente. Le morti per avvelenamento da solvente arrivarono a oltre 4000 solo nel 1925. Un altro esponente di questo commercio illegale costruirà la sua fortuna e quella della sua famiglia negli anni ’20, ma una gestione più accorta della sua immagine e dei suoi collegamenti con la bevanda proibita e il crimine a questa connessa gli permetteranno di raggiungere il 1933 con la figura immacolata pronta ad una grande carriera politica: Joseph P. Kennedy, padre di John Fitzgerald Kennedy.
Tra i più grandi sostenitori del Volstead Act spicca, nella cerchia dei grandi imprenditori, il nome di Henry Ford, fondatore dell’omonima casa automibilistica. Il suo pensiero era che il consumo di alcol diminuisse la produttività dei lavoratori, aumentando il rischio di infortuni nell’ambiente lavorativo e abbassando i profitti aziendali. Convinto antisemita, arrivò a suggerire che il successo di Joseph Greenhut, il più importante distillatore del mondo, fosse la prova che l’industria del whiskey facesse parte di una cospirazione giudaica finalizzata a indebolire moralità e imprenditorialità statunitense. Ma per quanto Ford odiasse gli alcolici, il loro contributo alla creazione della sua fortuna è innegabile.
Con l’entrata in vigore del Proibizionismo i contrabbandieri che trasportavano liquori clandestini cominciarono ad avere bisogno di automobili veloci per scappare dalla polizia e il Modello T della Ford risultò la macchina perfetta: la progettazione eccellente rendeva la vita facile ai meccanici che cercavano di apporvi dei miglioramenti. I rapporti del cambio venivano alterati, vi si aggiungeva batterie extra e carburatori che pompavano più benzina, cilindri più grandi ospitavano pistoni di maggiore dimensione ed anche i fari venivano modificati in modo da sterzare insieme alle ruote. Queste modifiche risultarono così efficaci che la stessa polizia cominciò ad usare le macchine sequestrate alla malavita per riuscire a rincorrere i malviventi: la continua sfida alla più elevata velocità tra forze dell’ordine e criminali portò ad uno dei periodi più ricchi di innovazioni di tutta la storia dell’automobilismo.
Tra i meccanici di quel periodo entrati nella storia è da citare il nome di Red Vogt. Red passava le giornate a smontare e rimontare motori, sistemando le parti di serie e aggiungendo componenti truccati ordinati per posta o costruiti da lui stesso, il tutto all’interno del proprio laboratorio segreto nascosto dietro ad un muro finto del suo garage di Atlanta. Col passare del tempo, le gesta dei piloti in fuga dalla polizia cominciarono a circolare e ad ammantarsi di leggenda e gli stessi contrabbandieri vollero esibire il loro talento alla guida, sfidandosi in gare clandestine su piste improvvisate all’interno di pascoli in disuso, il tutto condito da un circuito di scommesse illecite di migliaia e migliaia di dollari. Lentamente il pubblico a questo tipo di eventi crebbe e i piloti più talentuosi cominciarono a diventare famosi. Questo fece si che all’ inizio degli anni ’40 un tale di nome Bill France si rese conto del potenziale commerciale di questo sport e cercò di riportare questa realtà all’interno di una serie di eventi più legali: nacque così la NASCAR, ancora oggi il campionato automobilistico più seguito del Nord America e il secondo avvenimento sportivo più guardato sui mass media.
Nel nostro corso di Miscelazione avanzata prendiamo in esame i cocktail di questo periodo storico
Credit: Andrea Dolcini