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AMERICANO

Sono pochi i cocktail con una fama così universale come quella dell’Americano ad avere una così incerta quantità e qualità di informazioni riguardo alla propria genesi. Nel corso degli anni le teorie e le leggende si sono succedute senza soluzione di continuità, non riuscendo tuttavia a mettere un punto di partenza definitivo per la sua narrazione.

E’ generalmente riconosciuto il ruolo di progenitore al “Milano – Torino” (o Mi – To), una miscela di Vermouth e Bitter “all’uso d’Hollandia” in parti uguali, che dalla metà del 1800 all’inizio del secolo successivo era acquistabile in tutti i locali della neonata nazione italiana, già pronto in caraffa, refrigerato e servito in piccoli bicchieri da cordiale senza ghiaccio o decorazione. Il nome derivava dalle due città in cui si producevano gli ingredienti che costituivano il drink: Milano per il Bitter, reso celebre a livello nazionale da Gaspare Campari, e Torino per il Vermouth.

Con l’arrivo del Novecento assistiamo alla nascita e allo sviluppo della fama dell’Americano. Il nome deriverebbe dalla tendenza dei baristi d’oltreoceano di servire i drink incorporando nei bicchieri di servizio il ghiaccio, un ingrediente che proprio in quegli anni cominciava a guadagnarsi il proprio spazio commerciale grazie allo sviluppo e commercializzazione dei primi fabbricatori automatici (le pubblicità più antiche sono riconducibili al 1911).

Un’altra versione sull’origine del nome chiama in causa il campione del mondo dei pesi massimi Primo Carnera: per celebrare il suo trionfo su John Shirley nel 1933 al Madison Square Garden di New York, in Italia, in pieno entusiasmo autarchico del periodo fascista, si sarebbe festeggiato il pugile italiano miscelando i due prodotti tipici della produzione nazionale (il Vermouth e il Bitter) con un po’ di soda per rendere il drink più leggero.

Ricetta, suggerimenti, Twist on Classics:

Americano:

  • 3 cl di Campari
  • 3 cl di Vermouth Rosso di Torino
  • Soda a colmare

Tecnica di miscelazione: Build

Pochi ingredienti, certo, costituiscono questo grande classico della miscelazione italiana, ma ciò non deve farci desistere dallo sperimentare. Sul mercato ormai troviamo sia Vermouth in quantità e qualità sempre crescenti, sia bitter che possono sostituire l’onnipresente Campari. Anche variare sulle proporzioni può rivelarsi curioso: il rapporto 1 a 1 fra bitter e vermouth può essere modificato in un numero piuttosto alto di possibilità, andando a far predominare un prodotto sull’altro e connotando così il drink in maniera nuova e a discrezione del barman (esempio tipico è un Americano fatto con 45 ml di vermouth e 15ml di bitter).

Anche l’ultimo componente del cocktail, la soda, si presta a questo gioco. Pensate quanto andrebbe ad incidere sulla struttura del nostro prodotto finale una soda aromatizzata a nostra scelta.

 

Credit : Andrea Dolcini

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