Negli articoli precedenti abbiamo parlato di come fare un buon Punch ( e relativo oleo…
DAIQUIRI
Non si poteva fare altro che scegliere il Daiquiri per inaugurare la nuova rubrica “I Quaderni del Rum”, che focalizzerà la propria attenzione sul distillato di canna da zucchero per eccellenza e sui drink che si possono realizzare con questo ingrediente dalla fama eterna, capace sempre di reiventarsi, resistere e, allo stesso tempo, assecondare le mode del mercato. Ed è stato scelto proprio il Daiquiri perché per la storia della miscelazione questo cocktail rappresenta sia il punto di arrivo di un processo secolare che il punto di partenza per una delle categorie più longeve e carismatiche di sempre del bere miscelato, quella definita Tiki.
Per iniziare ci tocca partire da molto più lontano nel tempo e nello spazio rispetto a quanto ci verrebbe da pensare, ovvero la prima metà del Seicento e il sub-continente indiano. A partire dal 1608, pochi anni dopo la fondazione da parte di un gruppo di mercanti londinesi della English East India Company, i sudditi della Corona Britannica riescono a mettere piede in India e ad impiantare alcune “factories”, ovvero empori commerciali militarizzati che garantivano zone sicure per gestire gli scambi economici con la madrepatria delle costosissime e richiestissime spezie asiatiche, fra cui la noce moscata, i chiodi di garofano e la cannella.
Proprio una lettera del 1632 fra due di questi empori, quello di Armagon e quello di Petrapoli, cita per la prima volta nella storia una bevanda che metterà le basi della miscelazione per come noi la consideriamo oggi: all’interno della missiva infatti viene fatto il nome del Punch. Non vengono fornite indicazioni sulla natura della bevanda, ne tantomeno una ricetta, a testimonianza del fatto che comunque il Punch fosse già conosciuto sia dal mittente che dal destinatario della missiva, che quindi davano per scontato che il rimando ad una bevanda alcolica ed inebriante adatta ai festeggiamenti fosse colto senza difficoltà. Solo grazie al lavoro di David Wondrich, poi materializzatosi in Punch – The delights (and dangers) of the flowing bowl, siamo riusciti a comprendere il riferimento dietro alla parola Punch: l’unione di distillato, zucchero, succo di agrume, acqua e spezie (a volte queste ultime due categorie erano riunite in un unico ingrediente, il té). Parleremo un’altra volta delle origini del Punch e della sua popolarità che conquistò il mondo per circa 150 anni; a noi preme fare luce per un momento sul fatto che, benché il termine Punch derivi da una parola sanscrita che significa 5 (come il numero degli ingredienti di cui è composto), la paternità dell’invenzione spetterebbe ai marinai della East India Company di stanza nelle acque dell’oceano indiano (anche questo sarà trattato in un successivo articolo).
Marinai e porti sono da sempre un binomio esplosivo se ci riferiamo alla capacità di diffondere idee e innovazioni, perciò della velocità di propagazione del Punch non dovremmo stupirci (esistono documenti che dimostrano come già nel 1650 la bevanda avesse raggiunto la colonia inglese di Barbados). Ciò che davvero sorprende è l’altrettanta rapidità nell’istituzionalizzarsi della miscela di ingredienti: ne è un esempio la nascita del Grog. Il 21 agosto 1740 l’Ammiraglio della Marina Reale Edward “Old Grog” Vernon promulgò l’Ordine ai Capitani n.349 secondo cui la razione giornaliera di rum (pratica in voga a partire dal 1687) doveva essere “(…) mescolata ogni giorno, nella proporzione di un quarto di gallone di acqua per ogni mezza pinta di rum; (…) E lasciate che quegli uomini che sono padri di famiglia ricevano succo di lime e zucchero extra, così da rendere la bevanda più gradevole al palato”. Pochi anni dopo, nel 1747, il medico scozzese della Marina Britannica James Lind scoprirà una correlazione fra la carenza di vitamina C e l’insorgere dello scorbuto, cosa che porterà nei decenni a seguire ad una sempre maggiore presenza di agrumi sulle navi inglesi che solcavano gli oceani di tutto il mondo.
Ma come entrarono in contatto il Punch inglese e Cuba, un’isola sotto il dominio spagnolo a partire dal 28 ottobre 1492, giorno in cui Colombo mise per la prima volta piede sull’isola, inglobando il suo territtorio all’interno del Nuovo Regno di Spagna? Durante la Guerra dei Sette Anni (1756 – 1763, che Winston Churchill definì nel suo Storia dei popoli di lingua inglese come la prima vera guerra mondiale) gli Inglesi riuscirono a conquistare L’Avana dopo un lungo assedio che si protrasse tra marzo e agosto 1762. Mantennero il dominio della città e dell’isola fino ai trattati di pace del 1763, quando decisero di restituire la colonia alla Corona Spagnola in cambio della Florida ed alla rinuncia da parte della Francia della Lousiana e della sua ingerenza sui territtori americani. Fra la conquista di Cuba e la sua restituzione passarono una manciata di mesi, ma fu un tempo di sicuro sufficiente perché una certa quantità di influenze britanniche penetrassero nel tessuto culturale cubano. Ma ora cerchiamo di capire come è fatto un Punch.
Ricetta, Suggerimenti, Twist on Classics:
- 8 Lime
- 2 cups (460 g) di Zucchero Granulato
- 25 once di Arrack
- 25 once di Té Earl Grey, freddo
- 1 cup (230 g) di Zucchero di Palma da Cocco
- 6 1/2 once di Succo di Lime
- Noce Moscata spolverata
Togliete dai lime le scorze, asportando la parte bianca chiamata “albedo” e responsabile del sapore amaro. Mette le scorze taglate a pezzettini in contatto con una quantità di zucchero pari a circa 5 volte il peso delle scorze. Coprite con pellicola e lasciate riposare per 24 ore, miscelando ogni tanto il tutto con un cucchiaio. Vedrete che gli oli essenziali delle bucce del lime si diffonderanno nello zucchero andando ad insaporirlo delle note aromatiche tipiche dell’agrume. Così facendo otterrete l’oleo saccharum. Incoroporate gli ingredienti rimanenti e continuate a mescolare fino allo sciogliemento totale dello zucchero. Filtrate con un colino, per trattenere i residui dei lime, in un contenitore abbastanza capiente. Mette un singolo pezzo di ghiaccio delle adeguate dimensioni a contatto col liquido o servite il Punch in tazze singole con una quantità consona di ghiaccio. Spolverate con noce moscata grattuggiata.
Fare un Punch è un lavoro lungo e il risultato è, nelle quantità descritte all’interno della ricetta qui sopra, una bevanda decisamente voluminosa che deve essere consumata in “convivialità”, come era originariamente contemplato il modo di consumare il Punch.
La ricetta che consiglio anche durante il nostro Corso di miscelazione avanzata , è stata estrapolata da The Dead Rabbit Drinks Manual di Sean Muldoon e Jack McGarry.
Credit : Andrea Dolcini